Gli obblighi del conduttore previsti dall’art. 1590 cc.



Nei rapporti di locazione tanto il locatore quanto il conduttore soggiacciono a reciproci impegni ed obblighi scaturenti sia dal contratto locatizio che dalla disciplina di diritto comune dettata dal Codice civile.


In particolare, analizziamo l’obbligo previsto dall’art. 1590 cc a carico del conduttore. L’art. 1590 c.c. stabilisce il principio in base al quale “Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione. Il conduttore non risponde del perimento o del deterioramento dovuti a vetustà. Le cose mobili si devono restituire nel luogo dove sono state consegnate”.


La disposizione contenuta in questo articolo esprime una regola generale dalla quale si ricava la possibilità che il bene locato sia soggetto ad un normale deterioramento / consumo conseguente all'uso corretto dello stesso, in conformità a quanto pattuito dalle parti nel contratto, che, in quanto tale, il locatore sarebbe tenuto a sopportare perché rientrante nella liceità giuridica del godimento della cosa.


Tuttavia, il locatore ha sempre la possibilità di dimostrare che il deterioramento del bene fuoriesca dalla ordinarietà trovandosi dinnanzi a danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso dello stesso; si pensi al caso di lavori di variazione interna dei locali commissionati dal conduttore durante il periodo di vigenza del contratto, quali demolizioni o costruzioni di pareti interne in cartongesso o di modifica dell’impianto elettrico, o ancora di introduzioni di personalizzazioni grafiche o artistiche.


In tali ipotesi, infatti, vige in capo al conduttore l’obbligo di ripristinare il locale locato allo stato ex ante del rapporto ed in mancanza di ciò il locatore “ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l'esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all'immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di riparazione” (Sent. Cass. 18 giugno 1993 n. 6798). Tale principio nel corso degli anni era poi stato rafforzato ulteriormente dalla Corte di cassazione: “Qualora, in violazione dell'art. 1590 c. c., al momento della riconsegna, l'immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso dello stesso, incombe al conduttore l'obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l'esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest'ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori” (Sent. Cass. n. 13222/2010; Sent. Cass. n. 19202/2011; Ord. Cass. n. 6596/2019).


Da ciò ne deriva che ogni qualvolta il locatore non possa disporre per fatto del conduttore della cosa locata, lo stesso abbia diritto a conseguire il corrispettivo convenuto oltre ad eventuali danni.


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Autore: Avv. Giacomo Graziano 6 novembre 2024
Nell’ambito della riforma fiscale iniziata nel corso del 2023, il Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2024 ha emanato disposizioni in materia di riordino del sistema riscossione. Di particolare interesse è l’allungamento della durata delle dilazioni con l’ente di riscossione, fino a 120 rate . Per ottenere tale dilazione, però, bisogna sempre dimostrare lo stato di difficoltà del debitore, tramite il modello Isee, se persona fisica, o l’indice di liquidità, se impresa. Nel testo definitivo del decreto si prevede una differente procedura di rateazione a seconda che il debitore comprovi o meno la situazione di difficoltà in cui versa . A tal proposito, si ricorda che il limite di debito al di sotto del quale questo obbligo non sussiste è stabilito in 120mila euro. Ebbene, per quanto attiene ai piani di rientro aventi a oggetto somme non superiori a 120mila euro, per le quali dunque il debitore si limita ad attestare lo stato di difficoltà senza però allegare alcuna documentazione , sono previsti i seguenti scaglioni di durata massima del piano: -84 rate mensili, per domande presentate negli anni 2025 e 2026; -96 rate mensili, per domande presentate negli anni 2027 e 2028; -108 rate mensili, per domande presentate a partire dal primo gennaio 2029. Diversa è invece la situazione nelle ipotesi in cui il debitore comprovi lo stato di difficoltà , anche nel caso in cui non vi sia tenuto, in quanto il debito non supera il limite di legge. In questa eventualità, per somme fino a 120mila euro, la durata massima del piano di rientro viene così modulata: -da 85 a un massimo di 120 rate, per istanze presentate negli anni 2025 e 2026; -da 97 a 120 rate, per istanze presentate nel 2027 e nel 2028; -109 a 120 rate, per istanze presentate a partire dal primo gennaio 2029. Ad ogni modo, per somme superiori a 120mila euro, la durata massima può raggiungere sempre le 120 rate mensili. Come accennato, per le persone fisiche e le imprese individuali in semplificata, la modalità per usufruire del beneficio delle dilazioni è la presentazione dall’Isee del nucleo familiare del debitore. Si evidenzia che, mentre per gli altri parametri richiesti dalla disciplina di legge, si guarda autonomamente a ogni singolo piano di rientro, ai fini della verifica dello stato di difficoltà occorre prendere in considerazione il complesso dell’esposizione verso l’agente della riscossione; b) per gli altri soggetti, invece, si assume il valore dell’indice di liquidità e il rapporto tra il totale del debito verso l’agente della riscossione e il valore della produzione. Si tratta dei medesimi indicatori attualmente applicati, con la differenza che la loro identificazione questa volta viene effettuata per legge. Nulla cambia, invece, per quanto riguarda le cause di decadenza dal piano di rientro che si verifica con il mancato pagamento di complessive otto rate; una volta decaduti, è vietato rateizzare ulteriormente il debito residuo. Per ulteriori informazioni e chiarimenti su casi specifici, potete contattare lo Studio Baroni & Partners che metterà a disposizione professionisti esperti nella materia. Avv. Giacomo Graziano
Autore: Avv. Clementina Baroni 2 settembre 2024
Nel corso dell’estate del 2024, un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Cosenza ha permesso al Gip di ordinare alla Polstrada il sequestro di apparecchiature per il rilevamento della velocità conosciuti con il nome di T-EXSPEED V 2.0 lungo alcuni tratti stradali della provincia cosentina. Sulla scorta di queste indagini, sono state poste sotto sequestro identiche apparecchiature anche in altre regioni italiane, tra cui Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Basilicata, Puglia, Campania, Liguria, Molise e Sicilia. In realtà, il problema della legittimità di suddetti apparecchi lungo alcuni tratti di strada del nostro Paese non è nuovo e già da alcuni anni molte Corti territoriali si erano pronunciate in senso favorevole agli utenti destinatari dei verbali di contestazione di violazione del Codice della Strada. L'art. 142 co. 6 C.d.S., stabilisce che “ per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate anche per il calcolo della velocità media di percorrenza su tratti determinati, nonché le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento ”. La norma appare chiara in quanto prevede che soltanto le risultanze di quelle apparecchiature soggette all’omologa sono considerate fonti di prova. Ed ancora, l’art. 45 co. 6 C.d.S., statuisce che “ Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all'approvazione od omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione ”. Pertanto, a seconda dei casi previsti, si deve procedere ad omologazione oppure ad approvazione, in via evidentemente alternativa. La distinzione tra approvazione ed omologazione è inoltre individuabile nell’art. 192 reg att C.d.S., al quale l’art. 45 C.d.S. rinvia, perché ne descrive proprio la procedura (Sent. Giudice di Pace di Treviso del 24.05.2021). L’elemento differenziale tra di loro è la rispondenza alle prescrizioni stabilite dal regolamento di attuazione al Codice della Strada : nel caso dell’omologazione è richiesto di accertare la rispondenza e l’efficacia dell’oggetto di cui si chiede l’omologazione alle prescrizioni stabilite dal regolamento, mentre nel caso dell’approvazione dovrà trattarsi di richiesta relativa ad elementi per i quali il regolamento di attuazione non stabilisce le caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni ed in tal caso il Ministero dei Lavori Pubblici approva il prototipo seguendo, per quanto possibile, la procedura prevista dal comma secondo. Da ciò ne deriva che soltanto nel caso in cui il regolamento al Codice della Strada stabilisca caratteristiche fondamentali o particolari prescrizioni per dette apparecchiature sarà possibile omologarle. In caso contrario queste ultime saranno solo approvate (Sent. Giudice di Pace di Milano del 11.02.2019; Sent. Giudice di Pace di Milano n. 5454/2021). In sostanza, l’omologazione richiede un passaggio in più che nella semplice approvazione manca. L’omologazione ministeriale autorizza la riproduzione in serie del prototipo di un apparecchio appositamente testato in un laboratorio la cui competenza oggi spetta al Ministero per lo Sviluppo Economico (cd MISE). Ha lo scopo di verificare l’efficacia e il corretto funzionamento degli autovelox e la loro rispondenza a determinate caratteristiche tecniche; in pratica, serve a conferire valore legale di prova alle fotografie scattate e alla velocità rilevata. La semplice approvazione, al contrario, risulta essere un procedimento semplificato non richiedendo la comparazione del prototipo con caratteristiche ritenute fondamentali oppure da particolari prescrizioni previse dal regolamento. Dunque, quale prospettiva ora per gli automobilisti ingiustamente sanzionati? Astrattamente chi ha ricevuto sanzioni a seguito delle segnalazioni degli autovelox T-EXSPEED V 2.0 può impugnare le multe ma anche chi ha già pagato le contravvenzioni elevate tramite tali apparecchi, pur non essendo più nei termini per proporre impugnazione, può attivarsi per tutelare i propri diritti e, una volta concluse le indagini, agire per il risarcimento dei danni subiti. La questione appare abbastanza delicata soprattutto perché si va profilando un conto salato per le casse degli enti locali e le associazioni dei consumatori sono sul piede di guerra per far accertare eventuali danni erariali e le relative responsabilità; seguiranno sicuramente sviluppi sul tema. Per ulteriori informazioni e chiarimenti su casi specifici, potete contattare lo Studio Baroni & Partners che metterà a disposizione professionisti esperti nella materia.
Autore: Avv. Giacomo Graziano 6 maggio 2024
L’acquisto autonomo di una pertinenza: profili giuridici e fiscali.
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Mobbing, straining e responsabilità del datore di lavoro
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Autore: Avv. Giacomo Graziano 15 gennaio 2024
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Autore: Avv. Giacomo Graziano 10 dicembre 2023
Nell’ipotesi in cui un soggetto riceva un immobile in donazione, potrebbe essere costretto a rapportarsi con aspetti riguardanti la materia della successione ereditaria. Infatti, la legge riserva a favore di determinati soggetti, detti eredi legittimari, ovvero il coniuge, i figli (oppure gli ascendenti del defunto quando non vi sono figli), una quota di eredità detta “quota di legittima” della quale essi non possono essere in alcun modo privati. Ebbene, gli eredi legittimari che ritengono lesa la propria quota di legittima da una o più donazioni fatte il vita dal defunto, hanno la possibilità di intraprendere una causa giudiziaria disciplinata dall'art. 563 cc che consente loro di chiedere la reintegrazione della quota di legittima mediante la riduzione delle donazioni eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre (cosiddetta “quota disponibile”). In particolare: 1. Gli eredi legittimari possono esercitare l’azione di riduzione nei confronti di coloro che hanno ricevuto la donazione (detti donatari) con lo scopo di far dichiarare l’inefficacia (totale o parziale) della donazione che eccede la quota di cui il donante poteva disporre, entro il termine di 10 anni dall’apertura della successione; 2. Sempre gli stessi eredi legittimari potranno introdurre una azione di restituzione dei beni donati nei confronti di terzi acquirenti del bene donato entro 20 anni dalla trascrizione della donazione . Trascorso questo termine l'azione non avrebbe più alcuna efficacia nei confronti dei terzi acquirenti. Legittimati passivi dell’azione di restituzione sono coloro che, nell’eventuale serie dei trasferimenti dell’immobile “ sono proprietari al momento dell’esercizio dell’azione di restituzione ” (Cass. n. 2824/1960). L’acquirente di un bene immobile che subisce entro 20 anni l’azione di restituzione, può liberarsi dall’obbligo di restituzione del bene p agando l’equivalente in denaro (art. 563, co. 3 c.c.). Si tratta di un potere di riscatto riconosciuto dalla legge al terzo acquirente che gli consente di estinguere l’azione stessa. Infatti, attraverso l’esercizio della facoltà di riscatto, il terzo acquirente ha la possibilità di mantenere intatta la titolarità sul bene mediante la corresponsione di una somma di denaro necessaria a reintegrare la quota di legittima del legittimario vittorioso con l’azione di riduzione precedentemente avanzate nei confronti dei donatari. Pertanto, se un soggetto si sta approcciando all’acquisto di una casa derivante da atto di donazione deve considerare che il rischio di non subire azioni civili da parte dei parenti che ritengono di essere lesi nella quota legittima decade: -trascorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione, se il donante è ancora in vita e non è stata mossa alcuna opposizione alla donazione stessa, oppure: -dopo 10 anni dalla data del decesso del donante che coincide col momento dell’apertura della successione. Per ulteriori informazioni e chiarimenti su casi specifici, potete contattare lo Studio Baroni & Partners che metterà a disposizione professionisti esperti nella materia.
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